giovedì 31 gennaio 2008

Ultimamente ho poca voglia di scrivere.. forse sono un po' giù di morale o forse e' il timore di raccontare qualcosa su quello che sta succedendo in Kenya e di essere poi smentito dai fatti dopo poco.

La situazione e' alquanto incerta, ma vivendo qui, io ho delle sensazioni positive. E' difficile da spiegare, e' qualcosa che senti dentro, sottopelle. Sono personalmente convinto che il peggio e' passato, e che l'inizio dei colloqui con l'intermediazione di Annan, porteranno ad una conclusione positiva.

E' di oggi poi la notizia che la comunità internazionale, con in testa gli Stati Uniti, minaccia di intervenire, vista l'incapacità dei governanti locali di gestire la crisi.

Personalmente la vedo una cosa positiva che possa comunque dare uno scossone ad una situazione di stallo.

Al momento credo che sia necessario dare un segnale alla comunità internazionale che la situazione si e' calmata e che la soluzione, qualsiasi essa sia, sarà implementata al più presto per spegnere le voci di guerra civile che incoscienti giornalisti italiani con nelle mani il prurito per lo scoop stanno mettendo in giro.

giovedì 24 gennaio 2008

Giochi di potere


E così sembra che Kofi Annan abbia convinto i due litiganti ad incontrarsi.

Quindi si potrebbe addirittura delineare una soluzione di "condivisione di potere" e qualche osservatore qualificato prevede una soluzione tipo: Kibaki presidente, Kalonzo vice presidente e Odinga Primo Ministro.

Se così fosse saremmo tutti contenti perchè finalmente si intravede una luce alla fine del tunnel.

Sarebbe solo stato tutto un tragico gioco costato 600 vite di Kenioti che dopo aver diligentemente fatto ore di fila per votare, si sono visti assaliti a colpi di machete da altri kenioti che si sono sentiti defraudati del loro miraggio di democrazia e libertà.

Un tragico gioco che è costato 250000 profughi, che si sono visti bruciare le loro case e i loro beni, le loro attività commerciali e il miraggio di vivere in un paese pacifico.

Un tragico gioco che è costato ottantamilionididollarialgiorno di perdite all'economia Kenyota...

Un tragico gioco che è costato il lavoro a 5000 kenioti solo a Malindi, persone che contavano su queste entrate di alta stagione per mantenere le famiglie, e che ha bruciato milioni di euro di investimenti nel turismo.

Un gioco... che rimette al potere i tre contendenti presentatisi alle elezioni in contrapposizione, sputando veleno uno sull'altro, ma che già in passato hanno fatto parte dello stesso partito.

Verrebbe da pensare: cazzo potevano pensarci prima! Avremmo evitato le elezioni e tutto il resto!

martedì 15 gennaio 2008

Ultimi sviluppi della situazione in Kenya

Faccio un punto della situazione, per quello che si può leggere su internet in questo momento.

1) Su repubblica.it (e altri centinaia di giornali) si legge:

KENYA: GOVERNO RESPINGE MEDIAZIONE ANNAN, NON E' INVITATO

"Se davvero arrivera' il signor Annan, non lo farà su nostro invito", ha puntualizzato il ministro per le Strade e i Lavori Pubblici, John Michuki, uno dei collaboratori piu' stretti e intransigenti del controverso capo dello Stato. "Le elezioni le abbiamo vinte noi", ha sottolineato Michuki, "e dunque non vediamo ragione alcuna perché chicchessia venga a mediare una spartizione dei poteri"


2)
ADnKronos ci informa che:

KENYA: KIKABI SCONFITTO ALLE ELEZIONI SECONDO EXIT POLL USA


Nairobi, 14 gen. - (Adnkronos) - Un exit poll condotto da un instituto finanziato dal governo americano avevano indicato la sconfitta del presidente in carica Mwai Kibaki alle elezioni del 27 dicembre scorso. Lo rivelano oggi i giornali pubblicati negli Stati Uniti dalla McClatchy company, diffondendo i risultati del rilevamento, ancora non pubblicato dall'International republican institute di Washington, che metterebbe ancora di piu' in dubbio la rielezione di misura di Kibaki, che ha provocato proteste e violenze etniche, con la morte di centinaia di persone e migliaia di persone costrette a lasciare le loro case in tutto il paese.


3) Reuter Africa riporta quanto segue:

L'Unione Europea potrebbe tagliare gli aiuti al Kenya
Il commissario per lo sviluppo dell'Unione Europea Louis Michel ha detto "E' difficile continuare sullo stesso livello di supporto monetario se vediamo che le elezioni non sono state pienamente rispettate"

4) ADNKronos

Kenya: da Commissione Ue 5,5mln euro per vittime crisi

Bruxelles, 14 gen.-(Aki)- La Commissione europea ha stanziato un pacchetto umanitario pari a 5,5 milioni di euro per le vittime delle violenze post-elettorali in Kenya. L'aiuto, si riferisce in una nota diffusa a Bruxelles, è destinato soprattutto all'assistenza dei profughi e delle persone sfollate a seguito della grave crisi che ha colpito il Paese.

lunedì 14 gennaio 2008

Visioni...

Ho appena scoperto che la commissione elettorale del Kenya ha un bellissimo sito... direi paragonabile a quello del Presidente.

Le prime parole che vi si leggono sono: "La visione della Commissione Elettorale del kenya è vedere una evoluzione democratica del kenya nella quale ogni cittadino ha una uguale opportunità di partecipare alla scelta del governo"... sublime visione direi.

E c'è anche un sondaggio che chiede "Quale pensate sia la ragione principale per cui la gente si registra due volte come avente diritto al voto?"

Al Momento vince la risposta "I politici vogliono rubare alle elezioni" con il 27,4% dei votanti.... folgorante!

La Cina sostiene che le violenze in Kenya provano che la democrazia all'occidentale è inappropriata

"La teoria di democrazia all'occidentale, semplicemente non è adatta alle condizioni africane, piuttosto porta con se le radici del disastro"


Questo è quanto ha affermato oggi il giornale cinese People's Daily... chissà magari ha anche ragione..

Per chi volesse leggere con i propri occhi fate clic qui o qui. (In inglese non in cinese)

giovedì 10 gennaio 2008

Piani segreti di emergenza

Oggi, come hanno fatto tanti altri residenti a Malindi, sono andato alla assemblea generale annuale della Malndi Resident Association.

La riunione si è svolta presso lo "Stardust discoteque" e all'ingresso del locale veniva distribuito un foglietto con i punti dell'ordine del giorno. Tra questi c'era la famigerata "tassa sulla casa" e uno riguardante l'emergenza in Kenya".

Per ciò che riguara il primo punto, è un argomento che avevo trattato qualche tempo fa. La Malindi Resident Association (che tra l'altro da oggi cambia nome e ritorna al vecchio "comitato italiano") aveva intentato una azione in tribunale contro la legge, ritenuta iniqua.

Beh c'è poco da girarci intorno: la causa è stata persa e il motivo principale sembra essere perchè l'avvocato scelto dall'associazione Mr John Khaminwa, nonostante sia un avvocato di alto grido, non si è comportato in maniera troppo professionale.

Infatti il giudice non è praticamente entrato nel merito ed ha liquidato la causa perchè "il diritto alla proprietà è personale e non della comunità. Ogni proprietario di bene immobile deve agire personalmente in corte e non può essere rappresentato dall'associazioni per interessi personali", cosa che evidentemente l'avvocato avrebbe dovuto sapere dall'inizio.

Di fronte ad ulteriori domande fatte dai presenti, il rappresentante dell'avvocato Mr Morris (l'avvocato stesso non era potuto venire), ha detto che non poteva rispondere in sua vece.

Addirittura tra i vari commenti, qualcuno ha malignato che con la moltiplicazione delle cause gli avvocati ci andrebbero a nozze... insomma l'avvocato avrebbe potuto vedere una moltiplicazione dei suoi utili...

E quindi questa tassa bisogna pagarla o no? Boh! Il messaggio che è passato è di non pagare se non si ottengono utili dalla casa, cioè se non si affitta la propria casa.

Secondo punto caldo della serata à stato quello del "piano di emergenza". Sembra che un piano di emergenza (che preveda punti di ritrovo per i residenti in caso di emergenza e i piani di evaquazione) sia stato studiato da una task force dell'ambasciata qualche mese fa, ma poi non è stato reso noto.

Secondo il console onorario sig. Macrì, l'ambasciata ha spedito delle lettere con tutti i dettagli a tutti i residenti iscritti all'AIRE (ma comunque quasi tutti gli iscritti all'AIRE non hanno ricevuto niente, e lo posso confermare personalmente).

Inoltre questo piano sembra non possa essere divulgato più di tanto.

Di fronte alle proteste di quasi tutti i presenti e alla osservazione del nuovo membro del comitato ing. Luigi Biscardi, esperto in sicurezza, secondo il quale un piano di emergenza per essere tale deve avere tre requisiti fondamentali: "massima comprensibilità, massima semplicità e massima pubblicità" il console ha abbandonato l'assemblea.

Comunque il console ha anche detto che i punti di raccolta sono la base Luigi Broglio (meglio nota come base "S. Marco") per la zona Mambrui, il Pam Tree (Zona nord di Malindi), il Coral Key (Zona sud di Malindi), e lo Stephanie sea house (Zona parco marino)...

Adesso però spero di non aver diffuso notizie troppo riservate, voci non confermate sostengono che invece di essere un piano di emergenza sia un piano segreto...

mercoledì 9 gennaio 2008

Il giornalista Pietro Calabrese spiega un po' di equivoci.

Riporto un articolo del giornalista Pietro Calabrese che e' appena stato pubblicato su quotidiano.net


Sul Kenia molti giornali italiani hanno scritto troppe falsità




pietro calabrese Tutto è iniziato qualche giorno prima di Natale, quando, a Watamu, paesino sul mare a una trentina di chilometri da Malindi, un giovane italiano è stato ucciso durante una rapina. Che il fatto non fosse accaduto a Malindi, che l’ultimo connazionale ammazzato a Watamu risalisse a una quindicina d’anni prima, che tutte le città italiane firmerebbero per avere una rapina con morto ogni quindici anni, che da Watamu a Malindi ci sia più o meno la distanza fra Milano e Pavia o tra Roma e Bracciano, tutto questo non ha avuto alcuna importanza.

Per i giornalisti italiani il dato di fatto era uno soltanto: il povero ragazzo morto era stato ammazzato a Malindi, non a 30 chilometri di distanza, ma proprio qui, nella mitica Malindi, perché una cosa accaduta a Malindi fa più titolo della stessa cosa capitata a Watamu. E sono cominciate le telefonate ai (cosiddetti) vip in vacanza da queste parti. A me è toccata per prima la chiamata di Fabrizio Roncone del “Corriere della Sera”.

È stato inutile spiegare che il fatto non era avvenuto a Malindi, che si era trattato di una balorda fatalità, che l’unica cosa che davvero contava era che un ragazzo di trent’anni ci aveva rimesso la vita. Sul giornale è venuta fuori una mia unica dichiarazione: che a Malindi si stava benissimo, che le aragoste costavano 2 euro al chilo (io avevo detto 20, ma lo zero deve essere scappato dalla penna del collega) e che si viveva da gran signori su spiagge da sogno e ville da nababbi.

Punto. Che volete farci? Malindi è sempre Malindi: gli spinelli, la vicenda di Edoardo Agnelli, quell’altra di Claudio Martelli, la villa di Briatore con ragazze da sballo sono eredità difficili da smitizzare.

Per la seconda bordata abbiamo dovuto aspettare la fine dell’anno, quando ci sono state le elezioni per il nuovo presidente. Le votazioni si sono svolte senza alcun incidente e senza il minimo segno di scontri o di disordini. I primi risultati non definitivi dicevano che la vittoria era stata del candidato sfidante, Raila Odinga, della tribù dei luo, che aveva battuto il presidente uscente Mwai Kibaki, leader della tribù dei kikuju.

Più numerosi e più forti, i kikuju detengono da alcuni anni il potere e naturalmente, come in tutti i Paesi del mondo, non sono felici di cederlo ai loro avversari. E sono cominciati i primi scontri, ed è iniziata la conta dei primi morti. Tutti gli scontri, tranne uno a Mombasa, che dista un centinaio di chilometri da qui, sono avvenuti nell’Ovest e nel Nord-ovest del Kenya: il che vuol dire a una distanza tra i 600 e gli 800 chilometri da Malindi. La distanza che separa Milano da Napoli.

Ma tutti i giornalisti italiani che telefonavano per avere notizie facevano la stessa domanda: che aria tira lì a Malindi? Domanda legittima e pertinente, ma evidentemente noi davamo risposte non pertinenti ai loro desiderata. Perché quelli di noi che, per cortesia o correttezza, rispondevano ai colleghi ansiogeni, ripetevano la stessa cosa: guarda che qui non c’è assolutamente nulla. Di più: non c’è stato alcun corteo o piccola o piccolissima manifestazione per le strade.

Per le strade, continuavamo a ripetere, c’è il traffico di sempre e la vita è maledettamente normale. Ma tu lo sai, ripetevano i giornalisti al telefono, quello che sta accadendo a Nairobi e in altri posti? Sì, rispondevamo, lo abbiamo saputo dai nostri parenti e amici che ci telefonano preoccupati da casa, perché hanno visto la televisione o letto i giornali.

E a Malindi, insistevano i cronisti con una leggera punta di irritazione nella voce, che succede a Malindi? Arridagli, come dicono a Roma. A Malindi, mi dispiace per te, non sta accadendo nulla. E qualcuno di noi, per spirito di incoraggiamento, aggiungeva: magari domani o dopodomani succederà qualcosa, speriamo di no, ma finora qui non è veramente accaduto nulla.

E allora, insisteva il giornalista italiano che qualcosa nel pezzo chiestogli dal direttore doveva pur mettere, voi che fate, come vivete questa situazione? “Quale situazione?”, ci domandavamo noi, e raccontavamo, con minore o maggiore dovizia di particolari, la nostra giornata: passeggiate sulla spiaggia, qualche bagno in mare, molti libri con il tempo finalmente di leggerli, una visita agli amici sparsi qui e lì, e la sera cena in albergo, con mogli e figli, o da amici, e due chiacchiere per tirare le 11 e andarsene a letto.

Una vita del piffero, lo ammetto, banale e borghese, ma nessuno di noi riusciva a produrre niente di meglio. Per sua fortuna Flavio Briatore quest’anno non è venuto e quindi si è risparmiata la persecuzione, ma non del tutto, perché anche a lui, che girava le Maldive con la sua barca, hanno telefonato per avere notizie a tutti i costi, e poco importava che il disgraziato fosse a migliaia di chilometri di distanza, alla fine, in un modo o nell’altro, una sua dichiarazione e una sua foto sono riusciti a metterla lo stesso.

Poi hanno bruciato una chiesa, a 600 chilometri (ripeto 600) a nord di Malindi, e sono morte una cinquantina di persone, donne e bambini compresi: una cosa terribile e selvaggia, la cosa peggiore di tutta questa vicenda di scontri tribali tra luo e kikuju. Allora mi ha telefonato un collega di un giornale radio e mi ha chiesto che cosa stava capitando a Malindi dopo questo fatto, e io ho risposto che era una cosa terribile, ma che a Malindi non accadeva nulla di diverso dal solito, e che noi eravamo a 600 chilometri di distanza.

Ma naturalmente l’indomani c’è stato chi ha scritto che, mentre il Kenya era a fuoco e fiamme, quell’imbecille di Pietro Calabrese diceva che tutto era tranquillo, il mare calmo, il clima buono e le aragoste ottime. Che io, a precisa domanda, avessi parlato della situazione di Malindi e non di quella dell’intero Paese, era evidentemente un dettaglio senza importanza.

Adesso, lunedì 7 gennaio 2008, io non so che cosa accadrà nei prossimi giorni in questa bellissima terra che amo molto. So soltanto che dai giornali italiani continua ad arrivare di tutto, notizie vere e serie e notizie da fantarealtà: che gli aeroporti di Mombasa e Nairobi un momento sono chiusi e un momento dopo no, che le strade che portano a questi aeroporti sono insicure e pericolose, che banditi fermano le macchine e rapinano i turisti terrorizzati, che manca la benzina e scarseggiano i viveri, che la Farnesina è in stato d’allarme con la sua unità di crisi (e fa bene a esserlo, perché qui, sulla costa, ci sono in vacanza migliaia di italiani), e altre cose del genere.

Io so solo che a Malindi e negli altri paesini della costa – da Watamu a Lamu, a Khilifi – non è accaduto nulla, e che ognuno dei turisti che ha deciso di passare qui Natale e Capodanno ha trascorso feste normali e tranquille con la famiglia e con gli amici. Questo vuol dire che in Kenya non è accaduto nulla? Assolutamente no. In Kenya sono accadute molte e brutte cose, tanta gente è stata ammazzata, ci sono stati scontri mortali e odi repressi sono stati liberati.

Sono bruciate case e una chiesa, e sono stati saccheggiati negozi e devastate automobili. È accaduto tutto questo e speriamo che i due contendenti, Odinga e Kibaki, trovino un ragionevole accordo tra loro, altrimenti lutti e scontri continueranno e aumenterà il numero dei morti. Ma a Malindi e a Watamu, a Lamu e a Khilifi, non è accaduto nulla di nulla, nemmeno un minuscolo corteo di protesta per le strade, con grande scorno dei giornalisti italiani che davano a noi (cosiddetti) vip la colpa di questa irragionevole sgradevolezza.

Noi, insensibili alle esigenze dei giornali, siamo stati dipinti come sfacciati sibariti che gozzovigliavano ad aragoste e champagne, mentre tutto intorno il sangue scorreva. A Malindi, lo ammetto con il capo cosparso di cenere e di vergogna, persone normali e insopportabili vip hanno trascorso le stesse vacanze che voi avete passato in Italia: solo che qui si stava più al caldo. E anche, lo confesso, che da queste parti le aragoste costano 20 (non due) euro al chilo.

È una colpa grave che abbiamo. Ne chiederemo perdono a Dio e al giornalismo civilizzato. E lo farà, ne sono sicuro, anche Briatore, pur se in questa fine d’anno di aragoste malindine non ne ha mangiata nemmeno una.

martedì 8 gennaio 2008

"I primi ad agitare lo spettro del genocidio sono i politici kenioti che sfruttano l’ignoranza dei media internazionali"

Gia ieri volevo segnalare questo articolo di Joshua Massarenti su panrama.it ma non ho avuto tempo, lo riporto integralmente di seguito.

Lo trovo interessantissimo per capire la situazione del kenya e il perché degli accadimenti di questi giorni.


Kenya: ma quale conflitto etnico, è la rivolta dei giovani disoccupati

La polizia paramilitare spara dei razzi lacrimogeni contro i manifestanti dell'Orange Democratic Movement a Mombasa


Come tanti altri suoi colleghi, Hervé Maupeu era convinto che non ci sarebbe stata storia. “Raila Odinga era il superfavorito di queste elezioni. Nessuno tra noi avrebbe immaginato un simile capovolgimento. Purtroppo, le violenze di questi ultimi giorni sono un danno inimmaginabile al sistema democratico keniota”.

Il giudizio è tanto più pesante visto che Maupeu è noto nell’ambiente africanista per essere uno dei massimi esperti del paese. Politologo, da oltre vent’anni le sue attività di ricerca si dividono tra la Francia, dove dirige il Centre de recherche et d’études sur les pays d’Afrique orientale (Crepao), e il Kenya, che lo vede collaborare con l’Institut français de recherche en Afrique (Ifra). L’ultimo viaggio era previsto due giorni fa. “Ho annullato il mio volo”, rimandando così alle calende greche le sue ricerche su “una setta religiosa kikuyu (l’etnia del presidente Kibaki, ndr) con la fama di essere iper-violenta. Peccato perché mi avrebbe permesso di capire meglio le cause e le dinamiche del caos attuale”.

Che cosa intende dire?
Per giustificare gli scontri tra kikuyu e luo, i media ricorrono alla solita scorciatoia invocando un fantomatico odio tribale plurisecolare. E così ripetono gli stessi errori commessi durante il genocidio rwandese.
Infatti molti avanzano l’ipotesi che il Kenya rischia di fare la stessa fine del Rwanda nel 1994…
Purtroppo, i primi ad agitare lo spettro del genocidio sono i politici kenioti che sfruttano l’ignoranza dei media internazionali. Ma l’ipotesi è del tutto fuori luogo.
Perché?
Secondo lei luo e kikuyu avrebbero pianificato dall’oggi all’indomani uno sterminio di massa? Sciocchezze. In Kenya, i conflitti cosiddetti etnici sono da sempre strumentalizzati dall’élite politica. Alcuni leader dell’attuale opposizione (quella guidata da Raila Odinga, ndr) finanziano e manipolano bande di giovani spedite in aree sensibili come la Rift Valley e la regione di Nyanza per seminare il terrore tra la gente considerata non autoctona come i kikuyu. È un mezzo efficace per indebolire l’avversario politico e costringerlo a negoziare. Questa è la strategia di Odinga, che dispone di bande giovanili ultra-violente con cui spingere Kibaki ad ammettere di essere stato sconfitto. Al contrario, in Rwanda, non c’era spazio al dialogo: l’élite estremista hutu voleva semplicemente sterminare la minoranza tutsi. Punto e basta.
Che responsabilità ha Kibaki in questo bagno di sangue?
Enorme. È risaputo che in Kenya l’epurazione etnica è un mezzo per garantire la propria rielezione. Episodi simili, ma di minore intensità, si erano verificati negli anni ’90. Kibaki e la sua cricca pensavano di controllare il malcontento luo con le forze dell’ordine. Che ingenuità. Esercito e polizia keniote possono prevenire gli scontri etnici in città, ma non nel mondo rurale. E così è stato.
A cosa si deve l’avversità fra luo e kikuyu?
Contrariamente alle altre etnie del paese, luo e kikuyu sono state le uniche ad aver alimentato durante il periodo coloniale un nazionalismo sovrapponendo la propria identità etnica con quella nazionale. Fino all’indipendenza, le élite luo e kikuyu sono andate a braccetto per abbattere il colonialismo britannico. Dopo di che, l’accordo è saltato con la vittoria di Jomo Kenyatta (kikuyu) su Jaramogi Oginga Odinga, il padre di Raila. Dagli anni ’60 in poi, prima Kenyatta e poi il suo successore Arap Moi hanno emarginato i luo. La situazione si è capovolta nelle elezioni del 2002 con Kibaki pronto ad allearsi con Raila Odinga per sconfiggere il figlio di Jomo Kenyatta su cui il presidente uscente Moi aveva puntato per preservare il suo potere. Purtroppo, una volta eletto, Kibaki ha tradito il patto elettorale con Odinga, quindi con i luo. Ma questo tradimento non può da solo giustificare l’attuale ondata di violenze.
E che cosa la giustifica?
La frattura sociale che è venuta a crearsi tra un’élite politica keniota corrotta e la popolazione. Nel 2002, Kibaki aveva promesso la creazione di centinaia di migliaia di impieghi, soprattutto per i giovani che compongono la maggioranza demografica del paese e la più colpita dalla disoccupazione. Ma la promessa non è stata mantenuta, questo nonostante i buoni risultati economici. Non a caso sono i giovani i veri protagonisti degli attuali massacri. E non a caso sia Kibaki che Odinga non riescono a ottenere l’unanimità nelle loro rispettive etnie.
Come finirà?
La Comunità internazionale deve organizzare un’uscita di scena decorosa per Kibaki e imporre Odinga come nuovo presidente del Kenya. Potrà prendere alcuni mesi, ma non vedo alternative per ridare credibilità al paese che, tengo a ricordare, è considerato da molti un esempio di democrazia africana.

Kilifi Ferry



In attesa (e nella speranza) di vedere come Kibaki e Odinga si metteranno d'accordo per spartirsi il potere (annullando di fatto le elezioni), cosi' da uscire da questa brutta situazione umanitaria ed economica in cui si e' infilato il Kenya, oggi voglio pubblicare delle foto che mi ha mandato Beppe, che e' stato in Kenya qualche anno fa, quando a Kilifi non c'era ancora il ponte fatto dai Giapponesi e si attraversava il fiordo su un traghetto.

venerdì 4 gennaio 2008

Forma mentis all'africana


Un amico anonimo ha lasciato un commento ad un mio post di qualche tempo fa.

Lo riporto di seguito perche' ha scatenato nella mia mente una serie di "considerazioni a catena".

"Guardo la fotografia delle voragini dell' "AUTOSTRADA" Malindi Mombasa e mi si stringe il cuore.Penso ai soldi spesi per il ponte e a quelli che sarebbe costata la semplice manutenzione dell'asfalto.E mentre scrivo questa frase mi rendo conto che sto pensando all'occidentale, con la forma mentis italiana, leggiù è Africa.. questi pensieri non hanno valore. Così come non ha valore il ricordo di quella volta che, volendo portare laggiù materiali scolastici per i bambini, alla dogana venimmo perquisiti e tutto il materiale venne sequestrato perchè proibito da una non ben precisata legge Keniota. In realtà sarebbe bastato corrompere i doganieri per far passare tutto , proprio come avevo fatto tante volte per farmi rinnovare il visto turistico, oppure per non pagare improbabili contravvenzioni al codice della strada.Quella è Africa,l'Europa è lontana,lontanissima,qui i ciechi si chiamano "non vedenti" la musica si compra nei negozi e le autostrade sono a quattro corsie senza buchi e i bambini hanno i libri gratis."

Caro amico ti do una buona notizia: la strada era stata riparata in vista delle infauste elezioni del 27 dicembre 2007.

Autostrada certo non era diventata, ma per chi si era abituato all'incubo che era stata per troppi mesi tra il 2006 e il 2007 sembrava velluto. Per troppo tempo quella "autostrada" aveva scoraggiato i turisti, ed adesso finalmente almeno questo problema sembrava risolto.

E poi le elezioni sono finalmente arrivate... a Dicembre... qualcuno dice che ci vorranno almeno sei mesi perché l'industria turistica si possa risollevare dalla batosta che le ha dato quel grande statista di Kibaki, che a questo punto, verrebbe ironicamente da dire, si poteva tranquillamente risparmiare la spesa della risistemazione dell' "autostrada".

L'industria del turismo ha fatto guadagnare al Kenya 944 milioni di dollari nel 2007, facendo segnare un buon incremento dal 2006 che aveva fatto segnare entrate per 881 milioni di dollari.

Tornando all'attualità, oggi sembrerebbe che non ci siano stati scontri e che gli animi si vadano calmando.

Ma quanto sono costate al Kenya queste elezioni? Si parla di 300 morti, 100.000 sfollati, un numero imprecisato di abitazioni ed esercizi commerciali bruciati. Ieri al porto di Mombasa si erano accumulati più di 15.000 container... se tutto finisse domani, ci vorrebbe sicuramente un mese perché l'economia riparta.

Se tutto finisse domani...

Ieri pero' Kibaki ha dichiarato nella sua immensa saggezza che se l'opposizione organizzerà la manifestazione dell'8 gennaio assaggerà la forza della polizia.. la polizia...

L'anonimo amico autore del commento dice che e' una questione di "forma mentis". Mi trova perfettamente d'accordo! Io ho smesso di pensare che si possa cambiare la testa ai kenioti (inteso come popolo) già da qualche anno.

Ieri commentando quanto sta accadendo con un keniota indiano proprietario di un bel negozio in città gli ho detto "Certo che un qualsiasi capo di stato occidentale, se avesse visto che a causa della sua elezione fossero scoppiati incidenti tali nella nazione che lui dice di rappresentare, da causare 300 morti, si sarebbe sicuramente al minimo dimesso" e lui mi ha dato la risposta più odiosa che poteva darmi, quella che mi sono sentito ripetere troppe volte da kenioti e italiani ormai conformati a questa "forma mentis": "si ma qui siamo in Africa".

Quando mi dicono cosi' mi sale una rabbia dentro da farmi arrossare gli occhi e penso tra me e me "ma che cazzo vuol dire che siamo in Africa? Questa litania viene ripetuta come scusa e giustificazione di tutte le schifezze di questa parte di mondo:
C'e' la corruzione... siamo in Africa, i soldi degli aiuti umanitari giungono solo per una percentuale non superiore al 10%... siamo in Africa, la polizia uccide cinque ragazzi a sangue freddo ritenedoli dei ladri e dopo si scopre che sono innocenti... siamo in Africa, ti fermano e ti sbattono in cella perche' non hai messo le cinture e poco prima di te e' passato un camion carico con una 50 di persone urlanti... siamo in Africa, il capo della commissione ellettorale dice che non sa chi ha vinto le elezioni e che se ha sbagliato lo ha fatto solo perché c'erano forti pressioni... siamo in Africa

Porca miseria mi rendo conto di star ragionando di nuovo con la "forma mentis italiana"... ma qui siamo in Africa

giovedì 3 gennaio 2008

Intervista al presidente della commissione elettorale Mr Kivuitu

Ecco la trduzione dell'articolo dello Standard a cui facevo riferimento nel post di ieri.

Ho Agito sotto pressione, dice Kivuitu

Di Isaac Ongiri

Martedì notte, Mr. Samuel Kivutu ha fatto una schiacciante ammissione affermando che lui ha annunciato i risultati della ferocemente contestata elezione presidenziale sotto pressione.

L'annuncio ha fatto precipitare il paese in una violenza post-elettorale di una dimensione mai vista prima.

La portata della ammissione del presidente della commissione elettorale e la conseguente scalfittura della credibilità delle elezioni e' stata colta nella sua risposta alla domanda se davvero il presidente Kibaki abbia vinto le elezioni: “Non so se Kibaki abbia vinto le elezioni”

Kivuitu ha continuato con le sue scioccanti rivelazioni quando ha detto che ha portato il certificato con il vincitore delle elezioni presidenziali alla State House a Nairobi dopo che “alcune persone hanno minacciato di prenderle mentre io sono il solo ad avere il mandato dalla legge di farlo”.

“Sono arrivato alla state house per portare i certificati e ho trovato il giudice capo li, pronto a far giurare Kibaki” ha detto Kivuitu.

Alla richiesta se egli fossa sotto pressione per la dichiarazione dei risultati, Kivuitu ha detto: “Alcuni leader del PNU (Party of National Unity) e dell'ODM-Kenya mi hanno messo sotto pressione chiamandomi frequentemente, e chiedendomi di annunciare i risultati immediatamente”.

Il Presidente Kibaki correva per essere rieletto per il Party of National Unit, mentre Mr. kanlonzo Musyoka, per ODM-Kenya. Mr. Raila Odinga, che dice di essere stato derubato della vittoria, per l”Orange Democratic Movement (ODM).

Martedì, Kivuitu ha detto che la presunta pressione per la dichiarazione dei risultati e' venuta sulla scia di una pressione parallela di molti ambasciatori di paesi dell'Unione Europea a di Mr. Maina Kiai della commissione nazionale sui diritti dell'uomo del Kenya di non annunciare i risultati fino a che ci fossero stati reclami pendenti, che già erano stati sollevati.

“Ho pensato di dimettermi, ma ho cambiato idea perché non voglio che la gente pensi che io sia un codardo”, ha detto. L'assediato presidente della commissione elettorale ha fatto queste rivelazioni poco dopo aver incontrato i 22 commissari della commissione elettorale.
Martedì, Kivuitu ha ammesso che le faccende che sono emerse dai risultati elettorali erano così gravi che avrebbero dovuto essere portate in corte, e l'udienza fatta al più presto per far allentare la tensione nazionale.
Court settlement

“Se questa faccenda e' alla fine portata in corte, la sentenza deve essere fatta urgentemente così che si decida chi sia il presidente tra Raila e Kibaki”, ha aggiunto.

Kivuitu ha detto che ha preso la decisione, le cui gravi implicazioni sono ora sentite per tutto il paese. Ha detto che ha annunciato i risultati perché la commisione non ha mandato legale di investigare immediatamente sulle lamentele sollevate dall'opposizione.
Kivuitu non ha nominato chi dei due partiti – PNU e ODM-Kenya- lo ha costretto ad annunciare il contestato risultato elettorale, ma ha continuato dicendo che la commissione sta consultando eminenti avvocati sul prossimo passo da farsi “così che l'azione rimanga nella legge”.
Il team degli osservatori dell'Unione Europea, ha discreditato i risulati elettorali e ha richiesto una verifica urgente indipendente degli stessi.
Per suo conro, Kivuitu ha detto che si appoggerebbe su investigazioni indipendenti su cosa possa essere accaduto, ma ha aggiunto che questo solo a patto che la legge provvedesse per esso.

“Siamo colpevoli come commissione. Dobbiamo lasciare ad un gruppo indipendente di investigare cosa effettivamente sia andato storto”, ha detto il presidente della commissione, sbalordendo i giornalisti locali e internazionali che si erano raccolti alla sua residenza di Nairobi.

E' anche emerso che alcuni paesi preoccupati di quello che sarebbe stato l'esito delle urne, come il Sud Africa, hanno mandato i loro ufficiali elettorali nel paese.
Kivuitu ha detto che gli ufficiali dovrebbero arrivare mercoledì “per guardare nella faccenda”.
Martedì, Kivuitu era in un meeting con 22 commissari, che il suo vice, Mr Kihara Muttu, ha descritto come “house-keeping meeting”
In una dichiarazione firmata i 22 commissari hanno condannato la violenza, che fino alla scorsa notte ha reclamato le vite di circa 300 persone.

mercoledì 2 gennaio 2008

"Ho agito sotto pressione" "Non so se Kibaki ha vinto le elezioni"


Queste le scioccanti dichiarazioni del presidente della commissione elettorale del Kenya, Mr Kivuitu cioè in pratica la persona a cui erano affidate le sorti del paese... il giudice supremo e inappellabile.

Le dichiarazioni sono riportate in questo articolo dello Standard, che mi riprometto di tradurre al più presto.

Gli aiuti al Kenya

In questi giorni tutti i giornali sono pieni delle notizie del disastro Keniota.


E' un disastro enorme sotto tutti i punti di vista.


Umanitario prima di tutto. Il Kenya e' una nazione giovane, fatta per la maggior parte da gente giovane, che subito si infiamma.


Era prevedibile che in una elezione generale cosi' incerta fino all'ultimo ci sarebbero stati tafferugli alla proclamazione del vincitore.


I tafferugli si sono trasformati in gravissimi incidenti nel momento in cui si e' svelato il "risultato a sorpresa" dell'ultimo minuto: dopo 4 giorni di passione nell'attesa dei risultati finali che non arrivavano, e che fino ad allora erano stati generalmente favorevoli a Raila Odinga, il Presidente Mwai Kibaki con un arrivo al fotofinish degno dei peggiori film di Hollywood viene proclamato presidente con uno scarto ridottissimo e si affretta a giurare dopo neanche 5 minuti dalla proclamazione.


Chissà perché alla maggior parte degli italiani che seguivano le elezioni, i primi sospetti che avrebbe vinto il presidente con un colpo di coda finale erano venuti nel momento stesso in cui i risultati elettorali, dopo essere pervenuti regolarmente per tutto il 27 facendo prevedere una vittoria nettissima del leader dell'opposizione, hanno cominciato ed arrivare con stranissimi ritardi.


Cosa sia costato al Kenya questo finale a sorpresa, lo stiamo vedendo tutti.


In secondo luogo e' un disastro economico. Il turismo ne soffrirà certamente per lungo tempo. Il Kenya ha nella voce "turismo" una delle principali fonti di introito.


Il Kenya e' una nazione che da questo punto di vista offre tutto: un clima perfetto praticamente tutto l'anno, un mare da favola, i parchi con gli animali, una ospitalità della gente fantastica e la riscoperta dei valori autentici della vita, specialmente nei rapporti umani.


Purtroppo già il giorno 19 ottobre 2007 avevo scritto nel mio blog Mal di Malindi, che la scelta di fare le elezioni a dicembre era certamente una scelta infelice per il turismo, esprimendo una preoccupazione già serpeggiante in tutti i residenti a Malindi.


Così in colpo solo pur di mantenere il potere, un signore che guadagnava più dei suoi colleghi americani e inglese ha fatto un disastro umanitario ed economico.


Speriamo che passi al più presto, ma per risollevarsi il Kenya avrà certamente bisogno dell'aiuto anche dell'Italia.


Un aiuto dall'Italia che si dovrebbe esprimere anche non affossando del tutto il settore del turismo.


Vanno bene gli aiuti internazionali che verranno, ma bisogna incentivare anche il lavoro di quegli imprenditori che investendo nel turismo in Kenya, fanno girare l'economia dando posti di lavoro a tante famiglie del paese.


Anche questo aiuterà il Kenya e speriamo che i giornalisti e la Farnesina lo capiscano presto.

Malindi 2/1/2008

Due scatti per tranquillizzare quanti in Italia hanno amici, parenti o conoscenti a Malindi.

Li ho fatti questa mattina a Lamu road alle 11:30 circa.

La situazione e' assolutamente tranquilla.

Da telefonate con Nairobi sembra che la situazione vada migliorando un po' dappertutto.