martedì 25 marzo 2008

Confusi sulle modalità di voto all'estero?

Per sciogliere qualsiasi dubbio, segnalo questa interessantissima intervista alla dottoressa Antonella Fontana pubblicata da Francesca Alderisi sul suo blog www.prontofrancesca.it

Ne riporto qui un brano, ma per leggere tutta l'intervista sul sito di Francesca, cliccate qui.

"DOMANDA: Il 26 marzo è il giorno dal quale gli italiani residenti all’estero inizieranno a ricevere il plico elettorale. Entro quanti giorni dovrà arrivare e nel caso in cui non dovesse arrivare a chi dovranno rivolgersi i nostri connazionali ed entro quale data?

Voglio chiarire una volta per tutte questa cosa: NON È STATA FISSATA UNA DATA ENTRO LA QUALE L’ELETTORE DEVE RICEVERE IL PLICO. Il 26 marzo è la data entro la quale il consolato deve inviare il plico all’elettore. Alcuni consolati sono riusciti ad inviare i plichi qualche giorno prima, quindi alcuni elettori li riceveranno il 26 marzo o anche il 25 marzo. Ma la maggior parte dei consolati, soprattutto quelli che devono preparare centinaia di migliaia di plichi, riusciranno ad inviarli soltanto il 26 marzo e gli elettori li riceveranno gli ultimi giorni di marzo o i primi giorni di aprile.
A partire dal 30 marzo 2008 gli elettori che non hanno ricevuto il plico elettorale possono contattare il consolato ed eventualmente richiedere un duplicato.

DOMANDA: Può spiegare gentilmente cosa è un plico elettorale e cosa contiene nel dettaglio?
Il plico elettorale è semplicemente una busta contenente tutto il materiale elettorale necessario per l’espressione del voto e più precisamente: la scheda o le schede elettorali, a seconda dell’età dell’elettore; il certificato elettorale; il foglio informativo ed il foglio di istruzione per la restituzione delle schede; le liste dei candidati; una busta già affrancata che riporta l’indirizzo del consolato ed una busta piccola completamente bianca, dove inserire le schede votate. Gli elettori temporaneamente all’estero troveranno nel loro plico elettorale anche una matita copiativa, che dovranno utilizzare per esprimere il loro voto."

Parola di Naomi


Dopo aver trascorso le vacanze di Pasqua a Malindi, la pantera nera Naomi parte con il suo jet privato, non senza aver prima rilasciato una intervista in cui sostanzialmente dice che:

  • Malindi e' un posto tranquillo e che lei si e' trovata benissimo nonostante gli avessero sconsigliato di partire, e suggerisce agli stranieri di venire a visitare il paese.
  • Lei non e' la fidanzata di Briatore ma solo la sua socia in affari
  • Il governo dovrebbe espandere urgentemente l'aeroporto di Malindi per permettere voli diretti dall'Europa.
Io, lo ammetto, ne approfitto per mettere la sua foto in copertina.

sabato 22 marzo 2008

L'Obama Mania coinvolge anche Odinga?

Ripropongo interamente questa interessante intervista di Stella Pende, tratta da panorama.it


Kenya, parla il premier: sono l’Obama africano

Rail Odinga, nuovo premier del Kenya

Di Stella Pende da Nairobi

L’uomo del nuovo Kenya, elegantissimo, sventola la cravatta arancione come il fuoco che per tre mesi ha incendiato il suo paese. «Ma questo è anche il colore del sole, simbolo del mio partito» dice, narciso quanto basta, Raila Odinga, leader del nuovo Orange democratic movement (il movimento democratico arancione). E sorride accarezzando il pizzo da moderno leader africano.
Al Penthouse building di Nairobi il suo ufficio è travolto da visite, attese, telefonate, segretarie, assistenti, donne, uomini della sicurezza. È Raila l’uomo sull’onda. Certo, l’accordo sul governo di coalizione con il presidente Mwai Kibaki è un gol per tutto il Kenya, affondato nella crisi nera dopo le elezioni. Ma fra i due attori, tra i due futuri regnanti, è il più giovane Odinga che può diventare la stella di questo nuovo e sospirato corso kenyota. «Vi giuro che il Kenya sarà un modello per tutta l’Africa. Un’Africa che perderà le sue stigmate di colonia infinita. Un’Africa moderna, economicamente competitiva, pacifica e anche politicamente intelligente. Quell’Africa a colori di cui tutto il mondo, dall’America all’Europa, parla ormai da troppi anni. Ma che nessuno ha mai visto. O forse che nessuno ha mai voluto davvero vedere».
Lei ha detto che Kibaki le ha scippato le elezioni, che era inadeguato per questo governo. Non gli ha risparmiato nulla: «Se non lo tengono sveglio con certe pillole russa in piena assemblea». Kibaki ha risposto che è stato proprio lei a volere le stragi. Può negarlo oggi, signor Odinga?
Non posso negarlo. Sono volate parole grosse.
Improvvisamente fate una pace che prevede la divisione dei poteri a metà tra lei, premier, e Kibaki che resta presidente. La vostra coabitazione non sarà proprio una passeggiata.
Ammetto che le premesse non sono state felici. Ma qualcuno dimentica che io e Kibaki abbiamo lavorato a fianco a fianco nello stesso partito per anni. Che siamo stati noi, dopo il governo totalitario e buio di Daniel Arap Moi, a portare il Kenya verso l’alba di una nuova era. L’Africa non conosce mezze misure. È intensa e violenta nelle passioni e negli odi, nelle guerre e nelle malattie. E i suoi uomini sono trascinati dall’umore della terra. Con Kibaki ci siamo allontanati, poi divisi, poi scontrati. Fino a oggi. Ma quest’accordo è il primo passo.

Poliziotti in uno slum di Nairobi
Avete una corsa difficile da vincere.
Qualche giorno fa è stato come essere ai blocchi di partenza di quella corsa. Kibaki e io ci siamo ritrovati insieme per la prima volta in parlamento. E abbiamo capito che volevamo correre insieme. Oggi lavoriamo per aggiungere un emendamento alla costituzione sui poteri del primo ministro. E, mi creda, in questo Kenya dove il presidente è sempre stato l’unico dio è come avere già vinto i 100 metri.
Scusi se insisto, poi ci sarà la maratona.
Ma lei sa che i kenyoti sono meravigliosi corridori. Il governo di unità nazionale dovrà affrontare temi da sempre bollenti, ma mai risolti: la corruzione, la distribuzione delle risorse sul territorio, il diritto di proprietà sulla terra. Ma la scommessa del nostro Kenya è l’educazione; nuove scuole, nuove università, corsi all’estero per crescere una leadership che possa guidare il paese.
Adesso vi chiedono tutti programmi che non avete ancora. Ma almeno Odinga ha un suo particolare modello di coalizione di governo?
Odinga ha studiato e si è laureato in Germania: dal Kenya al Polo Nord! Ma sono stati quel rigore e quella serietà nelle istituzioni il mio imprinting. Per questo oggi il mio modello è la grande coalizione di Angela Merkel con la Spd. Quel governo ci sta insegnando che la tradizione può nutrire le riforme che fanno grande un paese.
Dunque lei vede Odinga nel ruolo di Angela Merkel?
È solo un onore essere paragonato a una grande donna come lei. L’ho conosciuta. Ha intuito, capacità e grazia.
Si dice che il successo di questo accordo arrivi soprattutto da Kofi Annan. È vero?
Il successo di un accordo non arriva senza l’impegno delle parti. Annan ha dimostrato forza, intelligenza ed equilibrio di grandissimo mediatore. Come politico, come africano e come uomo. Arrivava da un intervento cardiaco, è stato chiuso all’hotel Serena quasi un mese e, dopo tanti sforzi, il 3 marzo si è ritrovato davanti al fallimento delle trattative per causa di Mwai Kibaki.
È vero che l’ha chiamata e le ha detto: «Adesso basta: ora vi arrangiate. Io prendo il primo aereo».
Se vogliamo rispettare il gergo mediatico diciamo che a quel punto Kofi ha capito che bisognava eliminare tutti coloro che tifavano contro l’accordo. «Parlerò solo con Kibaki e con Odinga» ha detto. E l’accordo si è fatto in poche ore.
Qualcuno che conosce bene la situazione ha detto che Kibaki e Odinga sono circondati da serpenti che lottano solo per il loro potere di portaborse.
Ognuno ha i serpenti che alleva.
Il «Financial Times» scrive: « Kofi Annan ha detto che la violenza del dopo elezioni non era politica ma etnica». Oggi il vostro accordo è politico. Dunque la violenza etnica non si fermerà…
I giornali inglesi e americani devono smetterla di giocare con la sorte del Kenya. Quando gli scontri si concentravano a Nairobi e a Kisumu, tv e giornali parlavano di Malindi e Mombasa col risultato che quei paradisi, mai sfiorati dalla violenza, sono rimasti deserti. Migliaia di lavoratori cacciati da hotel e villaggi chiusi. E il turismo è il nostro pane. Lasciate capire a noi cosa succede nella nostra terra. Una nostra commissione sta indagando sulle violenze avvenute negli slum di Nairobi e nella Rift Valley.
Però in questi giorni ci sono stati altri sette morti.
Bisogna distinguere la violenza di certe gang criminali che strumentalizzano l’odio e il caos per favorire i loro stessi interessi. Se una chiesa è stata incendiata da fanatici religiosi o tribali, è più facile il giorno dopo rapinare un appartamento addossando la responsabilità alla stessa guerra di tribù.
Signor Odinga, i kikuyu hanno subito violenze atroci, soprattutto nella zona di Kisumu, sua terra di origine e vetrina della sua campagna elettorale.
È vero. Ma ricordi che i kikuyu negli ultimi anni hanno spadroneggiato sui luo ricorrendo a violenze inenarrabili. Il nostro vero obiettivo dovrebbe essere un Kenya dove gli uomini portino un solo nome: kenyoti. Comunque sono certo: l’accordo con Kibaki sarà un freno alla rabbia e una speranza per gli africani che vogliono pace e cambiamento. E sono molti, mi creda.
«L’uomo del cambiamento» urlava il suo manifesto elettorale. Dove ha trovato i soldi per una campagna elettorale così faraonica?
Kibaki ha usato elicotteri, uomini e soldi del governo. Io ho amici ricchi che credono in me. E i ricchi hanno spesso elicotteri e aerei. Abbiamo lavorato con Dick Morris, l’uomo delle campagne elettorali di Bill Clinton, con un gruppo sudafricano e con i più celebri pubblicitari tedeschi.
C’è chi dice che tra i suoi sponsor si sia un gruppo chiamato Obama’s Brothers.
Diciamo che Barack Obama è uno degli amici che crede in noi. Ci crede con quel cuore, un po’ kenyota e un po’ americano. Ci crede e non ci dimenticherà. E noi non dimenticheremo mai lui.
Raila si sente l’Obama del Kenya?
L’America non è l’Africa. Ma anche Obama viene dalla Rift Valley dove suo padre e il mio sono sepolti nella terra rossa. E poi lo ha appena detto lei: Obama come Odinga hanno usato una parola chiave, cambiamento.
Che dice del fallimento di Tony Blair nella sua campagna d’Africa?
Non è stato un fallimento. Blair ha fatto per le Afriche (perché l’Africa non è una sola) molte cose di cui poco si è parlato. Blair ha liberato la Nigeria da 20 miliardi di debito. E non solo la Nigeria. Le pare poco?
Conosce i leader italiani?
Non ho mai incontrato Romano Prodi, ma ho ricevuto una sua generosa telefonata dopo le elezioni. In compenso ho visto Silvio Berlusconi. E lui non è facile da dimenticare.

Buona Pasqua!

Ritorneranno!

Il Kenya si sta riprendendo pian piano dalla grave crisi seguita alle elezioni.

Una crisi che ha colpito in particolare il settore turistico, una delle fonti di introito più importanti per l'economia del paese.

Adesso e' opinione dei più che il governo dovrebbe incentivare al meglio la ripresa, perché la botta e' stata forte e la concorrenza di altri paesi come Zanzibar e il Sud Africa e' spietata.

Ma spesso mi capita di parlare con funzionari di varie istituzioni di questo problema e la risposta e' immancabilmente "Si ma i turisti ritorneranno", che fa parte di questa maledetta filosofia di vita Africana: "inshallah" Dio ci pensera'.

E pero' io sono sempre piu' convinto che il governo deve fare la sua parte e bene ha fatto il console Macri' a rilasciare questa intervista al Nation in cui ha detto chiaro e tondo che il governo dovrebbe cominciare ad abbassare i prezzi di entrata ai parchi per i turisti e il visto di ingresso per qualche tempo, come anche partecipare a tutte le fiere per il turismo come il BIT di Milano o la fiera di Berlino.

Il governo che e' il principale responsabile dell'affondamento dell'economia del turismo, deve essere ora il primo ad approvare iniziative per il rilancio dell'economia.

Deve cercare di attirare nuovi investitori, rivedere le politiche sui permessi di lavoro e di residenza, chiarire una volta per tutte la faccenda della tassa sulla casa, e specialmente a Malindi, dovrebbe davvero cercare di "coccolare" i residenti italiani, mettendo un po' le briglie a certe richieste di denaro di alcuni funzionari di vari uffici statali verso i "mzungu".

Non ultimo, il governo italiano e keniota insieme dovrebbero affrontare seriamente il problema della "doppia tassazione", per i residenti italiani in Kenya.

domenica 9 marzo 2008

Obama for (ever) Kenya


Come prevedibile il Kenya beneficerà del fenomeno del suo figlio prediletto: Barak Obama

A Kogelo (il villaggio originario di Barak) si organizzano già viaggi di coppie in luna di miele provenienti dall'Illinois, tutte in visita dalla nonna di Obama.

Ci sarà il grande momento mediatico per il Kenya che ha fatto giusto in tempo a ritrovare la pace per approfittare della occasione, "più unica che rara" come si dice in questi casi.

Dopo gli odii tribali la rift Valley avrà la sua stella, ma sarà una stella cometa di passaggio.

Nel 2010 il Kenya dovrà far affidamento di nuovo solo ed unicamente sulle sue risorse: tutto sarà già dimenticato nella società americana moderna delle notizie incalzanti, che non può fermarsi davvero a pensare al Kenya dei parchi, del mare e delle aragoste (come diranno sempre i giornali italiani) ma desolatamente senza risorse petrolifere (per fortuna dico io).

Comunque... prepariamoci sarà un anno interessante per il Kenya.

sabato 1 marzo 2008

Turbative ufficiali


E cosi', il Kenya fa subito la voce grossa e addirittura chiede le scuse ufficiali all'America per la faccenda della foto di Obama turbantato.

E subito il Kenya ritorna di moda sui giornali italiani.. ma non perché i due litiganti hanno trovato un accordo.. quello fa molto meno notizia adesso... non ci sono più scontri dopotutto.

No.. no.. le elezioni americane.. quelle si che sono più importanti per i giornali italiani ora.

Ma sono sicuro che anche qui in Kenya le elezioni americane diventeranno un affare di stato.

Anzi scommetto che per la prima volta ci saranno più kenioti davanti alla TV per guardare i risultati elettorali della democrazia (vera) americana che per una partita di premiere league.

Di più: immagino già i festeggiamenti per strada se dovesse vincere Obama!

Quelli di questi giorni (comunque ignorati dalla stampa italiana) impallidiranno al confronto... e la stampa italiana si ricordera' di nuovo che a Malindi c'e' una colonia di italiani che mangiano aragoste a 20 euro al Kilo, e questa volta ne andrà fiera: anche un pezzo d'Italia avrà contribuito alla vittoria di Obama!

L'e' un'altra roba!


Il sabato pomeriggio, la strada lungomare che che va alla spiaggia "Silversand" si riempie di gente che vuole fare una passeggiata al mare, e molti si fermano ad una buona gelateria, l'unica "all'Italiana" esistente a Malindi.

E' gestita da una coppia di signori anziani di Verona, e i gelati non sono male, per cui oggi pomeriggio, era piena di gente che gustavano il loro cono.

E cosi', passandoci davanti con la macchina mi sono fatto vincere dalla voglia di mangiare un gelato e mi sono fermato. Dopo aver scelto tre gusti, la cameriera dietro il bancone mi ha chiesto se volevo un cono o lo preferivo in una coppetta di vetro. Ho scelto la coppetta.

Dopo aver finito il mio gelato mi sono alzato e mi sono recato alla cassa per pagare, ho preso 200 scellini dal portafogli e ho aspettato che il simpatico signore veronese mi dicesse quanto dovevo pagare.

"Lei dove era seduto?"

"Proprio li al numero 29, ho preso un gelato con tre palline", e gli porgo i 200 scellini. Ricordavo infatti che il gelato costa 60 scellini a "pallina".

"Un attimo per favore", il signore si e' girato ed ha cominciato a cercare in una specie di cassettiera con i numeri dei tavoli che era alle sue spalle, il biglietto relativo alla mia ordinazione.

Il bigliettino purtroppo non era li e il simpatico signore veronese sembrava alquanto agitato.

"Guardi ho preso un gelato con tre palline" e gli porgo di nuovo i 200 scellini.

"Where is the ticket?" continuava lui a chiedere a tutti i camerieri che gli capitavano a tiro, ignorandomi.

Allora, pazientemente, mi sono messo l'anima in pace ed ho aspettato che venisse ritrovato il biglietto della mia ordinazione, probabilmente non si fidava di me.

Finalmente la cameriera dietro il bancone del gelato gli conferma che ho preso un gelato con 3 palline, nella coppetta di vetro.

Gli riporgo i 200 scellini.

"Sono due e ottanta" mi dice sorridendomi con un simpaticissimo accento veneto.

"Ma.. guardi ho preso un gelato con tre palline", gli dico io mentre mi accingo a prendere il portafoglio dalla tasca per cercare un altro biglietto da 100 scellini.

"Non capisco... quanto costa un gelato?"
"Sono 60 scellini a pallina"
"Allora sono 180, mi scusi".
"No sono 280"

Gli do i 300 ma insisto "Ma scusi quanto costa un gelato con due palline"?

"120 scellini"
"E con tre?"
"180"
"Ecco.. appunto io ho preso tre palline"

"Si ma costa 180 se prende il cono, nella copèta costa 280 nè!" mi dice con un sempre più marcato accento veneto dovuto probabilmente all'impazienza del fatto che mi dovesse spiegare una cosa ovvia.

Solo che a me la cosa proprio ovvia non sembrava.. insomma il gelato e' lo stesso.. invece di averlo adagiato sul cono l'ho mangiato in una coppetta, ma la coppetta l'ho restituita.. al contrario il cono me lo sarei mangiato, sbagliavo nel far di conto?

"Ma perché"? gli chiedo ingenuamente.
In fondo posso capire che nella coppetta e' più bello a vedersi, e che poi deve essere sciacquata, ma 100 scellini per questo mi sembravano un po' eccessivi...

Lui chiama un cameriere in soccorso: "John" (il nome e' di fantasia) "how much is the icecream in the cup?"

"Twoeighty" dice John.

Il signore veneto mi guarda e sorride.

"Si ho capito che costa due e ottanta ma perché costa cosi' tanto di più?" insisto.

"Ma perche' l'e' un'altra roba!" mi dice abbastanza stizzito.

Rinuncio. Prendo il mio resto di 20 scellini e mi dirigo verso l'uscita.

Una volta a casa accendo il computer e incuriosito guardo la definizione "Fare di conto" su Wikipedia che ad un certo punto dice "chi non sa far di conto viene considerato analfabeta".

Probabilmente io alle elementari ho saltato il capitolo "L'e' un'altra roba" che invece deve essere chiaramente presente anche nei programmi della scuola primaria Keniota.

Speriamo che John non mi abbia considerato analfabeta.