martedì 12 febbraio 2008

Vi racconto le mie sensazioni sull'incontro con il pre-pensionato ambasciatore d'Italia in Kenya Pierluigi Magistrati

Ho aspettato un po' prima di voler scrivere questo articolo sull'incontro tenutosi giovedì scorso con l'ambasciatore d"Italia in Kenya Pierandrea Magistrati.

Che fare? Scrivere un semplice articoletto di cronaca raccontando "giornalisticamente" in maniera molto diplomatica l'incontro, o invece raccontare il tutto secondo il punto di vista (il mio) di un residente in Kenya, e raccontando le sensazioni che esso gli ha lasciato?

Oggi mi sono finalmente deciso ed ho optato per la seconda opzione: questo e' un blog, cioè "un diario in rete", come viene definito da Wikipedia, non un giornale, e il diplomatico e' l'ambasciatore, non io.

L'incontro si può dire che sia stato un successo, i residenti infatti sono accorsi numerosi, e molte persone non hanno potuto trovare posto a sedere, la sala era davvero strapiena.

Dirò subito la mia sensazione all'uscita dell'incontro: di nuovo la persona sbagliata nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Lui e' qui per finire la carriera come tutti quelli che l'hanno preceduto, certo, ma ci sono persone che lo vogliono fare con eleganza, come ha tentato il suo predecessore Di Maio, e quelle come lui che non fanno nulla per nascondere la tragica verità.

L'ambasciatore ha esordito scusandosi con la comunità di italiani a Malindi per poter essere venuto solamente ad un anno di distanza dal suo insediamento. Infatti i suoi numerosi impegni, ma specialmente i problemi successivi alle elezioni hanno fatto si che abbia dovuto posporre la sua venuta.

Ha poi affrontato i temi più caldi di questo periodo:

  • Tassa sulla casa:
    l'ambasciatore ha detto che su questo argomento c'e' una grande incertezza, che la legge e' scritta male ma c'è, e poi ha consigliato di non pagarla.
  • Problema dell'attuale emergenza del turismo in Kenya:
    "Cari imprenditori, non ve l'ha ordinato il dottore di venire ad investire in Kenya".
  • Piano di evacuazione in caso di emergenza:
    "il piano c'è MA NOI NON VE LO DICIAMO, ve lo diremo solo quando ci sarà l'emergenza!" ha detto l'ambasciatore con grande veemenza. L'affermazione si commenta da se.
    Qualcuno ha fatto notare che e' come se si dicesse ai passeggeri di un aeroplano "vi diremo come evacuare solo quando si renderà effettivamente necessario", cioè quando l'aeroplano ha fatto ammaraggio di emergenza e i passeggeri cercano di uscire disperatamente dall'aeroplano e certamente non stanno a sentire le hostess che ti danno solo in quel momento il foglietto dove ci sono scritte le uscite di emergenza, "da leggere attentamente".
    Caro ambasciatore: come ci comunicherete il piano di evacuazione quando l'emergenza e' già in atto e i telefoni non funzioneranno per le linee intasate? Con i segnali di fumo?
    Non mi venga a dire che c'e' una persona predisposta scelta dall'ambasciata che ha la radio a disposizione di tutti quelli che, in caso di emergenza, uno alla volta per carità, dovranno andare da lei a farsi spiegare il piano.
  • L'annosa questione della doppia tassazione delle pensioni:
    l'ing. Biscardi, autore dell'articolo del 3 febbraio che si può leggere poco più sotto, ha snocciolato con dovizia particolari l'attuale situazione, come ha fatto nell'articolo.
    In pratica se in questo momento il Kenya si "dimentica" di effettuare lo "lo scambio degli strumenti di ratifica tra i due governi" probabilmente andrebbe un po' sollecitato, e probabilmente la persona più adatta allo scopo e' l'ambasciatore stesso, che invece si e' rifugiato dietro un "non dipende da noi, ma dal governo del Kenya". A nulla e' valso fargli notare che se il governo del Kenya ha sottoscritto per ben due volte l'accordo, nel 1973 e nel 1997, probabilmente non e' maldisposto, certo come tutte le cose in Kenya vanno pole pole, probabilmente il governo del kenya va un po' corteggiato, oltretutto chi ha sottoscritto il primo accordo era proprio Mwai Kibaki!
    Insomma almeno in questa faccenda l'ambasciatore dovrebbe fare l'ambasciatore, non il pre-pensionato!
Nessun cenno, infine, ad iniziative tentate dal suo predecessore: come la casa Italia, o gli spettacoli culturali "importati" dall'istituto di cultura italiana di Nairobi

L'incontro si e' chiuso con un buffet offerto dall'ambasciatore, probabilmente la cosa che e' piaciuta di più alla maggior parte dei presenti.

6 commenti:

  1. non è vietarsi tenersi almeno un amico....sopratutto nell'attuale situazione

    RispondiElimina
  2. Non credo di aver compreso fino in fondo il tuo commento.

    RispondiElimina
  3. ho scritto un articolo prendendo spunto dal racconto della visita dell'ambasciatore a Malindi, appena è pubblicato ve lo segnalo
    Anna Bono

    RispondiElimina
  4. Italiani all'estero, si salvi chi può
    di Anna Bono - 28 febbraio 2008

    Correva voce nelle scorse settimane, ma di sicuro si è trattato di una «leggenda metropolitana» come tante altre, che l'Italia, al contrario di altri stati, fosse reticente a distribuire il piano d'emergenza che in caso di crisi garantisce la protezione e, se necessario, l'evacuazione degli italiani residenti in Kenya: questo per non offendere il Paese ospite, dimostrando scarsa fiducia nella capacità delle istituzioni locali di assicurare sicurezza e ordine pubblico.

    A sembrare «leggenda metropolitana» era la notizia sulla preoccupazione del nostro governo di non offendere quello kenyano; perché invece era vero il fatto che il piano d'evacuazione non fosse stato distribuito e questo malgrado la crisi politico-sociale scoppiata all'indomani delle elezioni del 27 dicembre, e tuttora in atto, responsabile di oltre 1.500 morti e di un numero di sfollati e profughi che va da 300.000 a 600.000. Sembra che il 12 febbraio Pierandrea Magistrati, da un anno ambasciatore italiano a Nairobi, abbia detto durante la sua prima visita a Malindi, la cittadina turistica affacciata sull'Oceano Indiano dove abita e lavora una delle più grosse comunità italiane del paese: «Il piano c'è, ma non ve lo diciamo, ve lo diremo solo quando ci sarà l'emergenza». Come si può leggere sul sito web Mal di Malindi, nel quale è stata pubblicata la cronaca dell'incontro tra Magistrati e una folta rappresentanza di nostri connazionali residenti sulla costa kenyana, dopo questa affermazione «qualcuno ha fatto notare che è come se si dicesse ai passeggeri di un aereoplano "vi diremo come evacuare solo quando si renderà effettivamente necessario", cioè quando l'emergenza è già in atto e i passeggeri cercano di uscire disperatamente dall'aeroplano e certamente non stanno a sentire le hostess che danno solo in quel momento il foglietto dove ci sono scritte le uscite di emergenza, da leggere attentamente. Caro ambasciatore - così si conclude il resoconto sull'evento - come ci comunicherete il piano di evacuazione quando l'emergenza sarà già in atto e i telefoni non funzioneranno per le linee intasate? Con i segnali di fumo? Non mi venga a dire che c'è una persona predisposta scelta dall'ambasciata che ha la radio e che è a disposizione di tutti quelli che, in caso d'emergenza, uno alla volta per carità, dovranno andare da lei a farsi spiegare il piano».

    Quello di salvare la pelle, peraltro, non è l'unico dei problemi che gli italiani di Malindi speravano di poter affrontare con l'ambasciatore. Quasi tutti quelli che lavorano sulla costa sono impiegati nel settore del turismo o nel suo indotto, hanno subìto perdite economiche a causa della crisi e del conseguente, drastico calo degli arrivi, proprio in uno dei periodi di maggiore afflusso turistico, e temono per il futuro. Ma la risposta all'ansia espressa dai portavoce della comunità è stata: «Cari imprenditori, non ve l'ha ordinato il dottore di venire a investire in Kenya». Che questo sia indiscutibilmente vero, non ha mitigato la delusione di chi si aspettava dall'ambasciatore proposte, informazioni, suggerimenti e, almeno a parole, un po' di solidarietà e conforto.

    Né vi è stata l'attesa assunzione di impegni in merito all'importante questione del regime fiscale degli italiani in Kenya che si trascina ormai da troppo tempo. Una prima convenzione tra Roma e Nairobi, sottoscritta nel lontano 1979, non è stata mai ratificata dal governo kenyano e quindi non è mai entrata in vigore. Nel 1997 ne è stata redatta una seconda che sostanzialmente ricalca la precedente, ma da allora sono passati undici anni (30 dalla prima firma), e ancora Kenya e Italia non hanno provveduto allo scambio degli strumenti di ratifica necessario a rendere il provvedimento operativo. Gli italiani hanno chiesto all'ambasciatore di attivarsi per accelerare i tempi, ma tutto quello che ne hanno ricavato è: «Non dipende da noi, ma dal governo del Kenya».

    C'era ancora un altro problema che stava a cuore agli italiani di Malindi: la tassa sulla casa, se pagarla oppure no. Una nuova ordinanza dispone infatti che le ville private siano incluse nella stessa categoria di quelle a uso commerciale (affittate ai turisti, per esempio) e che i proprietari paghino una licenza, come già si fa per queste ultime, pena l'arresto e il deferimento in corte. Qui l'ambasciatore Magistrati non ha avuto paura di offendere nessuno e ha suggerito di non pagare.

    Anna Bono
    bono@ragionpolitica.it

    RispondiElimina
  5. Grazie per la segnalazione dell'articolo. Molto interessante!

    RispondiElimina

Benvenuti!
Chiunque può scrivere commenti, purché pertinenti all'argomento dell'articolo.
I commenti possono essere firmati o anonimi.
NiK