venerdì 14 novembre 2008

La vera storia degli italiani a Malindi

Ancora una volta Hans scrive un articolo sullo Standard, raccontandoci la storia recente del rapporto tra gli italiani e Malindi.

L'originale dell'articolo si trova qui, mentre il precedente articolo sulle ville di Malindi e' stato pubblicato il 6 novembre.


Qui sopra una mia foto: minareti e antenne

Gli italiani dovrebbero essere ringraziati per aver riportato Malindi alla moda.


di Hans

Malindi ha tutto - supermercati con gastronomia, notevoli bar, ristoranti per buongustai, caffè sui marciapiedi con il miglior cappuccino del Kenya, una vita notturna eccitante, qualche buotique e hotel e, naturalmente, i progettisti di ville. Praticamente tutte queste strutture sono di proprietà degli italiani.

Il ruolo europeo

Sfortunatamente i media hanno creato una cattiva reputazione di queste imprese collegando queste imprese alla mafia e simili attività criminali come il riciclaggio di soldi sporchi e il traffico di droga.

Pero' non raccontano mai di come la comunità italiana abbia contribuito alla fama di Malindi.

Negli anni 80 hotel come l"eden Roc, Il Blue Marlin e il Lawford erano sull'orlo del collasso dopo che il numero di turisti tedeschi svizzeri e inglesi calo' improvvisamente. All'epoca i beach boys e i mendicanti parlavano un tedesco fluente.

Alcuni avevano addirittura acquisito un accento svizzero dopo essere stati invitati nel paese alpino. In parole povere il business andava a gonfie vele.

Poi la fama di Diani ha cominciato a crescere progressivamente, offrendo migliori strutture alberghiere ad un prezzo più basso. I turisti accorsero in massa verso i lidi più a sud e i tour operator tedeschi cominciarono ad investire in hotel e strutture ricreative in quei luoghi.

In breve tempo la luccicante Malindi torno' ed essere ciò' che era prima - un dormiente villaggio di pescatori - fino a quando gli italiani la "riscoprirono". I prezzi delle proprietà immobiliari erano incredibilmente bassi rispetto a quelli del loro paese natale - per lo stesso prezzo avrebbero potuto difficilmente comprarsi un garage in Italia. Inoltre, era molto prestigioso possedere una casa o una villa in Africa. Gli italiani afferrarono al volo la possibilità di comprare terre dai colonizzatori inglesi in pensione che ritornavano in Inghilterra o si trasferivano all'interno alla ricerca di un clima più fresco.

Il boom costruttivo

E' stato anche d'aiuto il fatto che il Kenya era già conosciuto internazionalmente a causa dei migliaia di prigionieri di guerra che furono internati nel paese durante la seconda guerra mondiale. Molti di loro decisero di rimanere. Parti' un boom costruttivo ed in men che non si dica, intermediari, beach boys, trafficoni e commercianti potevano parlare un italiano perfetto e si proponevano in aiuto per i documenti ufficiali.

Quello che gli inglesi non capirono era che le loro vecchie case non valevano nulla. Erano i terreni, in particolare quelli fronte mare, e i mobili antichi ad avere un mercato. Gli affari andarono molto bene ad alcuni uomini d'affari italiani che comprarono un minimo di cinque acri grazie alle regole coloniali ed alle leggi che regolavano il mercato dei terreni fronte mare. I nuovi proprietari italiani in seguito suddivisero le proprieta' le svilupparono e le vendettero ai loro amici in Italia, ricavandoci un profitto. I nuovi contentissimi proprietari arrivavano nel paese e trovavano le loro ville gia' belle e pronte per essere abitate.

1 commento:

  1. mi sembra che la faccia un po facile. la realtà è ben diversa. Iniziano gli Italiani della base San Marco, si accoda qualcuno con più inventiva e poi arrivano tutti professionisti e non, latitanti e non, soldi puliti e non. e non mi dica che queste cose non le conosce. vorrei evitare di fare su questo blog nome e cognome di latitanti italiani in Malindi, arrestati e/o lasciati a vivere in Kenya dietro pagamento di laute mazzone ( grandi mazzette). buona giornata

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NiK